L’Art de voir

Gianfranco Domenighetti_6

« Ciao caro Charles » …: cela commençait toujours comme cela. Après on parlait. Souvent on refaisait le monde, surtout le monde de la santé. « Nous sommes dans le Titanic » disait-il, comme on confie un secret. « Avec cette croissance, cela ne peut pas tenir » Mais, année après année cela tenait. Toujours plus, toujours mieux et après? Gianfranco Domenighetti , Dome, souriait. Il pensait qu’un jour les masques tomberaient.

 

Nous avions été chef du service de la santé publique, lui au Tessin, moi dans le canton de Vaud. Nous avons travaillé, nous avons lancé des projets, nous avons pensé et rit ensemble. Nos rencontres étaient des fêtes. Fonctionnaires? Juste ce qu’il faut. Amis? Pour toujours. C’était le temps de tous les possibles, de tous les combats. Le monde sanitaire s’ouvrait à de nouvelles interrogations: son organisation, sa gouvernance, son efficacité, l’utilité de ses prestations devenaient peu à peu des questions. Nous voulions comprendre, lire la réalité derrière les apparences, changer peut-être l’ordre sanitaire. Nous étions jeunes. C’était le temps d’une sorte de pragmatisme insouciant et sceptique. Ni militant, ni combattant, citoyen seulement. Lucide ?

 

La vie ensuite nous a séparé. Je suis parti ailleurs, lui est resté et est allé plus loin et magnifiquement, dans le seul lieu où il pouvait être lui-même: l’université. Là où son regard pouvait s’exercer, devenir plus libre, plus profond, plus rigoureux, plus universel. Pas loin de la photographie et de la peinture.

 

Car Dome c’était d’abord un regard. Sur les choses, sur la vie, sur lui. Le type de regard qui permet de reconnaître les faits derrières les opinions, de repérer dans la masse infinies des données, celles qui, plus que toutes autres et pour un instant, diront la vérité du monde. Un tel regard vient du doute et de la bienveillance. Du doute, car seul le doute peut créer cette insatisfaction radicale, ce désir d’aller toujours plus loin en quête de vérités.

 

De la bienveillance, car seule la bienveillance peut mettre le doute au service des hommes. Il fallait ce regard, le regard du scientifique pour fouiller la réalité sanitaire, analyser es faits, donner un sens aux milliards de décisions que prennent à tout instant la multitude des soignants, des soignés et des administrateurs de la santé. Il fallait ce regard, le regard politique pour mettre à nu, derrières les consensus et les vérités toutes faites, les rapports de force et les intérêts de ceux qui font commerce de la maladie, en vive ou l’administre.

 

Il fallait ce regard, le regard de l’humaniste, pour repérer nos contradictions et en tirer l’énergie du changement. Il fallait ce regard, le regard du sage, pour comprendre c’est à dire pour « prendre avec », convaincre c’est à dire « vaincre avec ». Il fallait ce regard pour changer nos regards. Dome, portait ces regards. L’humour et la bonté en plus. L’ai-je assez remercié?

 

Que dire du regard plus intime du photographe et de celui plus secret du peintre?

 

Ici plus question de vérité ou de mensonge, plus questions de pouvoir, plus questions de preuves formelles, statistiques ou expérimentales. La preuve, la seule qui compte, est dans la force du témoignage artistique et dans l’émotion ou l’ébranlement qu’il suscite. Plus question de règles, la seule qui vous guide est celle que l’artiste invente et qui donne naissance à la forme.Il suffit de regarder. Un autre monde, le sien, celui qu’il nous offre est devant nous. On y entre à pas lents. Il nous dit quelque chose de connu qui nous parle de nous-mêmes et simultanément quelque chose d’indicible, d’inconnu, d’inespéré qui ouvre des horizons insoupçonnés. L’art comme la science sont questions de regards. La science comme l’art nous apprennent à voir. Dome, l’homme secret, l’homme pudique, l’homme paradoxal, le chef de service antiautoritaire qui plaidait pour la prévention en buvant du whisky et en fumant des cigares, le scientifique joyeux et créatif qui s’amusait des variations de la consommation de soins, le suisse impatient, le tessinois farouche et critique, le citoyen sceptique, l’artiste qui avait trouvé dans la photographie et la peinture un refuge, Dome est allé regarder ailleurs. De là, il nous dit: « regardez, regardez bien, regardez plus loin, plus profond. Tout est dans l’art de voir.. »

 

Ciao caro Dome. Merci

Charles Kleiber, Lausanne, juin 2018

Arch. EPFL già Direttore Servizio della salute pubblica del Canton Vaud, Direttore generale CHUV, Segretario di Stato per l’educazione e la ricerca, presidente CdA Hôpital du Valais.

Gianfranco Domenighetti,13.04.1942, alias DOME!
In un’epoca in cui quasi tutto è riducibile ad un algoritmo, è possibile definire una persona in modo oggettivo? Un algoritmo numerologico lo qualificherebbe 6(aspirazioni)-4(realizzazioni)-1(personalità)-6( destino)-7(quintessenza). Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo e di conoscerlo personalmente, ricorre a criteri più umanistici per capire chi è la persona con la quale è stata percorsa una parte del cammino della propria vita.

 

DOME, come tutti noi esseri umani, aveva necessariamente una memoria del proprio passato (una memoria biologica – hardware) nonchè una consapevole memoria del presente (una memoria culturale – software), ma ciò che lo distingueva era la sua capacità di sviluppare anche la “memoria del futuro “( una memoria di ciò che può esistere fuori dalla dimensione spazio-tempo), una caratteristica che si ritrova soprattutto negli spiriti liberi, creativi e anticonformisti. DOME, come gli piaceva farsi chiamare, aveva infatti una forte personalità innovativa e creativa, dotata di coraggio e capace di raccogliere le sfide più temerarie: tuttavia nel momento realizzativo egli applicava un metodo di lavoro cartesiano, sorretto da un rigore e una onestà intellettuale non negoziabili. Egli era un vero ricercatore che sapeva
utilizzare le caratteristiche della sua forte personalità in modo razionale: prima di esprimersi definitivamente, DOME approfondiva, studiava e verificava ogni ipotesi di lavoro e ogni nuova idea per essere sicuro di non sbagliarsi, per essere certo di poter confutare le inevitabili critiche ma soprattutto per disporre delle conoscenze indispensabili per convincere e quindi influenzare e modificare i modelli mentali delle persone a cui si rivolgeva.

 

DOME, pur essendo un number one, si sentiva appagato quando poteva raggiungere un obiettivo, inizialmente condiviso con pochi intimi, dopo aver convinto i suoi interlocutori che la “memoria del futuro” di cui era un messaggero poteva essere accolta come un’evidenza. DOME era infatti particolarmente dotato per creare delle relazioni personali amichevoli e per mantenere un’armoniosa collaborazione all’interno del suo team.

 

DOME collaboratore di un uomo politico? DOME, funzionario dirigente? Non potevo trovare di meglio durante gli otto anni in Consiglio di Stato nel settore che più mi stava a cuore da sempre: l’educazione e la promozione della salute! Non so dare una spiegazione razionale al fatto di esserci incontrati in quegli anni (1983-1991) e di aver stabilito subito una complicità d’intenti: DOME ha immediatamente percepito, pur nelle nostre diversità caratteriali e istituzionali, che avremmo potuto “divertirci” assieme a immaginare in modo creativo e coraggioso (e talvolta temerario) il futuro della salute pubblica ticinese e non solo.

 

DOME aveva capito che le intuizioni e i convincimenti profondi nel campo della salute che ci animavano avevano bisogno di approfondimenti e ricerche scientifiche, ma nel contempo era persuaso che i risultati delle ricerche dovevano essere divulgati nella popolazione attraverso campagne mirate in grado di provocare i profondi cambiamenti auspicati nei comportamenti individuali. La sensibilizzazione all’ipertensione arteriosa, la lotta al tabagismo attivo e la protezione dal tabagismo passivo, l’alimentazione sana, le campagne contro il sedentarismo e a favore del movimento, sono alcuni dei settori di intervento dove lo Stato osava esprimere delle raccomandazioni, dei suggerimenti, delle riflessioni in merito alla salute individuale, partendo dal presupposto che in una democrazia avanzata ogni persona deve essere in grado, grazie alle proprie conoscenze culturali e con il sostegno delle istituzioni politiche, di conquistare e mantenere la propria autonomia personale, che comprende anche la capacità di adottare dei comportamenti individuali favorevoli al mantenimento della salute.

 

DOME ha avuto un ruolo centrale e determinante nel coideare e motivare scientificamente questa “rivoluzionaria” strategia di educazione e promozione della salute. Egli è stato un vero funzionario, o meglio come dicono i francesi “un grand commis de l’Etat”, capace di interpretare al meglio gli indirizzi politici in materia sanitaria, di condividerli e di saperli concretizzare efficacemente, spesso in modo anticonvenzionale.

 

Con DOME non si è mai istaurato un rapporto di natura gerarchica benchè egli fosse perfettamente consapevole della sua funzione svolta con grande lealtà istituzionale.

 

Con DOME non vi è mai stata necessità di un’istruzione scritta e neppure orale: il nostro rapporto umano era basato unicamente su una complicità intellettuale. Determinante era la sua intelligenza nel capire “l’esprit du temps” e di collaborare con entusiasmo e rigore scientifico ad attuare ciò che veniva ideato, nel convincimento che le visioni che ci accomunavano prefiguravano “la memoria del futuro”.
DOME vi è riuscito!

 

Rossano Bervini

Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento Opere Sociali dal 1983 al 1991

error: Content is protected !!