Comunicatore – Spirito libero

Le scappa? Ne parli col suo medico

 

Il cartellone pubblicitario mostra una platea di poltroncine rosse, intercalate regolarmente da graziosi vater di ceramica bianca. Sopra, il titolo è “Soffre di vescica iperattiva?” e un cartiglio consiglia rispettosamente “Ne parli con il Suo medico”. Firmato Pfizer. Lo sfondo è un’anonima via cittadina del Canton Ticino, la foto è stata scattata diversi anni fa da Gianfranco Domenighetti, che me la mandò via e-mail per le mie presentazioni.

 

Per molti anni ho scritto e parlato in pubblico di medicalizzazione, disease mongering, industria della salute, cambiando e aggiornando di volta in volta gli esempi che andavo raccogliendo. A questa immagine però sono particolarmente affezionato, al punto che ancora oggi non manca mai nel set di diapositive che porto con me, anche se datata e di un’eleganza “svizzera” un po’ incongrua rispetto al gusto italiano.
Anzi, proprio per questo, perché l’immagine con i cessi in platea non manca mai di strappare una risata, e di conseguenza la benevolenza del pubblico, che abbassa le riserve. E soprattutto perché rappresenta in una sola immagine molte cose che Gianfranco, come un fratello maggiore, mi ha insegnato nei venti anni o giù di lì durante i quali abbiamo di fatto costituito, senza mai formalizzarla, una “compagnia di giro” contro la cultura dell’eccesso in medicina e in sanità.

 

Sin dal suo prodigioso libretto “Il mercato della salute”, ho imparato da lui che tutti i temi del pensiero critico in medicina si possono comunicare anche con l’ironia, il sarcasmo e persino con lo sberleffo. Io mi ero formato sui testi sacri degli anni settanta, — Michel Foucault, Ivan Illich, Petr Skrabanek e James McKormik, Thomas McKeown eccetera –, da cui distillavo analisi penetranti ma seriose, che non avrebbero mai suscitato in nessun lettore o ascoltatore neppure un sorriso.

 

Scoprire che si poteva rivelare con leggerezza un lato comico anche nel comportamento dei medici (e degli avvocati), per esempio quando si trattava di decidere se far operare alle tonsille o all’appendice i propri figli, anziché quelli degli altri, è stata una rivelazione di cui sono debitore a Domenighetti almeno quanto al Jules Romains di Knock, il trionfo della medicina. Il manifesto sulla vescica iperattiva è di circa dieci anni fa, all’epoca in cui con i partner del progetto Partecipasalute (Alessandro Liberati e Paola Mosconi) stavamo conducendo un’analisi sistematica di com’erano pianificate e condotte, spesso su scala globale, le campagne cosiddette di consapevolezza sulle malattie, attrezzo cruciale del disease mongering, insieme al controllo sulla definizione del confine tra salute e malattia e alla ricerca clinica condotta come strumento di marketing.

Analizzando decine di comunicati stampa sulle più disparate patologie avevamo individuato una struttura “retorica” costante degli argomenti, che si articola in quattro passaggi, tuttora validi:

 

    1.  ingigantire il problema affermando che tocca milioni di persone, per lo più inconsapevoli;
    2.  suscitare timori inducendo a credere che i rischi siano gravi, soprattutto se non si interviene tempestivamente;
    3.  indurre a visite ed esami per creare potenziali malati/ clienti;
    4. banalizzare la soluzione, sostenendo che un nuovo prodotto è in grado di risolvere facilmente il problema.

 

“Ne parli col Suo medico”, nel cartiglio della foto di Domenighetti, non è solo un’ottima esemplificazione del punto 3, vero perno e motore di ogni intervento di medicalizzazione (perché quando si riesce a convincere un sano che potrebbe essere malato, il gioco è fatto), ma con lo sfondo dei cessi in platea è anche lo spunto per una risata liberatoria, che alleggerisce il discorso critico e lo rende più facilmente comprensibile e accettabile.

 

Il “metodo Domenighetti”, di castigare sorridendo i cattivi costumi del marketing, è diventato col tempo un lessico familiare tra noi, con scambi continui di chicche più o meno divertenti e istruttive. Come per esempio il “generatore automatico di comunicati stampa” (http://www.partecipasalute.it/informati-bene/generatore-comunicati-002.php) che con un insieme di menù a tendina consente a chiunque di inventare una malattia, enfatizzarne la diffusione e i rischi, deprecarne l’ignoranza e la sottovalutazione, e infine propagandarne la soluzione, “brevettando” persino il nome del rimedio col suffisso in –ab, -ib, il, -ox.

 

Roberto Satolli

medico e giornalista

“Il settore sanitario è probabilmente il più importante settore economico di largo consumo di beni e servizi caratterizzato dalla complessità, dall’incertezza, dall’asimmetria informativa, dalla qualità poco misurabile, dai conflitti di interesse, dalla corruzione nonché dalla opacità e dalla variabilità delle decisioni (cliniche, organizzative, di ricerca, di finanziamento)”.

 

Questo è il pensiero di Gianfranco Domenighetti riguardo al settore sanitario, più volte esplicitato negli ultimi anni, e in particolare nel suo celebre intervento al convegno in ricordo di Alessandro Liberati tenuto all’istituto Rizzoli di Bologna nel dicembre 2012, intervento ripreso nel suo blog da Richard Smith.

 

Tra le caratteristiche negative viene citata la variabilità delle decisioni, indice di carente appropriatezza clinica e di eccessivo utilizzo di esami e trattamenti. Già nel 1993 Gianfranco aveva dimostrato che la popolazione “normale” era sottoposta a interventi chirurgici come la asportazione delle tonsille, dell’utero e della colecisti con una frequenza di una volta e mezzo o quasi doppia rispetto ai medici, agli avvocati e ai rispettivi familiari, le categorie più informate in materia.

 

E gli esempi successivi di inappropriatezze e di sprechi non mancarono a Gianfranco, che ricordava spesso come solo l`11% dei circa 3000 trattamenti descritti da Clinical Evidence (2012) fosse di dimostrata efficacia, che negli USA la stima dell’ammontare delle prestazioni di nessun beneficio ai pazienti corrispondesse ad almeno il 30% della spesa sanitaria (Brody 2012) e che risultasse inappropriato ad esempio il 50% delle angioplastiche su pazienti con angina stabile (JAMA 2011).

 

Lo stile di Gianfranco era caratterizzato dal rigore nel ricercare e presentare i dati e da una grande lucidità di pensiero.
Presentava i dati dell’OECD per l’Italia che dimostravano un utilizzo di TAC, di Risonanze Magnetiche, di parti cesarei e di antibiotici tra i più alti al mondo, e al contrario una spesa per anziani e lungodegenti e per dotazione di infermieri tra le più basse. Deducendone che “l’Italia sembra aver privilegiato un sistema sanitario ove le risorse (e quindi le priorità) sono state destinate soprattutto ad una superdotazione di tecnologie e servizi specialistici di punta, sovente inutili, sotto-occupati e generatori di inappropriatezza, a scapito della disponibilità di personale, servizi e strutture per le cure alla persona, in particolare dei malati non autosufficienti e cronici”.

 

Molti, per Gianfranco, i fattori alla base della carente appropriatezza, che rappresentano altrettanti ostacoli per le iniziative che tentano di promuoverla. In primo luogo l’asimmetria informativa tra i professionisti ed i “normali” cittadini, che fa sì che la relazione dominante medico-paziente sia ancora di tipo paternalista dove il paziente, non avendo conoscenze tecniche, segue pedissequamente le proposte del medico ed è portato a sovrastimare i benefici di screening, esami diagnostici, farmaci e altri trattamenti e a sottostimarne i rischi.

 

C’è poi l’onnipresente questione dei conflitti di interesse, riguardante l’industria dei farmaci e dei dispositivi medicali che sponsorizza e influenza gran parte della ricerca clinica e della formazione dei professionisti; riguardante i medici, visitati con assiduità dagli informatori farmaceutici, e riguardante le stesse organizzazioni sanitarie, private e anche pubbliche, i cui incentivi economici individuali (in particolare la remunerazione a prestazione) e obiettivi aziendali inducono alla moltiplicazione delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche.

 

Eppure, nonostante questo suo “sano scetticismo”, Gianfranco ha guardato con interesse all’invito rivolto da Howard Brody nel 2012 ai medici: assumersi nel concreto la responsabilità dell’uso appropriato delle risorse, nell’interesse dei propri pazienti.

E ha visto un segnale di possibile cambiamento nel lancio, sempre nel 2012, dell’iniziativa Choosing Wisely negli USA promossa da ABIM Foundation, associazione scientifica di medici, in partnership con Consumers Reports, organizzazione indipendente di consumatori.

 

 

Per la prima volta società professionali in alleanza con i cittadini pubblicavano liste di esami e trattamenti spesso non necessari, le “top 5 lists” delle quali professionisti e pazienti dovrebbero parlare per metterle in discussione.
Quando una iniziativa analoga è stata lanciata in Italia da Slow Medicine, il progetto “Fare di più non significa fare meglio – Choosing Wisely Italy”, Gianfranco ne è stato un convinto sostenitore, promuovendone la diffusione in Italia e nel Canton Ticino. Nello stesso tempo prefigurava chiaramente i potenziali ostacoli che la sua applicazione pratica avrebbe incontrato sia dalla parte dei cittadini sia da quella dei professionisti, e sosteneva l’assoluta necessità di una sua valutazione di impatto.
È una strada non facile, quella indicata da Gianfranco Domenighetti con la sua lucidità e il suo rigore metodologico, ma è l’unica strada che l’etica e il senso di responsabilità consentono ai professionisti della salute.

 

Sandra Vernero M.D.

cofondatore e vicepresidente Associazione Slow Medicine coordinatore del progetto “Fare di più non significa fare meglio – Choosing Wisely Italy”

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